È successo di nuovo. Una nuova delusione. Un progetto che sembrava ormai cosa fatta in un istante si sgretola in mille pezzi. Magari non il progetto dell’anno e nemmeno della vita ma avrebbe contributo a darmi la forza di andare avanti. Forza che periodicamente cede, cede dinanzi alle piccole sconfitte, ai malumori, alle negatività, ad una giornata storta, ad una risposta mancata, ad un esito contrario, ad una aspettativa mai arrivata.
Ma quando pensi di abbandonare tutto poi puntualmente arriva ..arriva l’abbraccio, il sorriso che attendevi, il complimento, la pacca sulla spalla, il direttore di un’azienda che apprezza le tue foto su Instagram, il grazie dopo un consiglio, la risata di una lettrice ad un post ironico, il supporto generale, la consapevolezza di star facendo la cosa giusta…la cosa che ti piace.
Probabilmente i tanti no ad una blogger come me provengono da una quasi stantia normalità…non faccio clamore, nè notizia e non ho grossi numeri.
Dai 13 anni mi son sempre sentita ripetere la stessa litania fatta di “come sei strana..”, “ma come ti vesti?”, “sembri straniera”, “ma che musica ascolti?”, “la realtà del piccolo paese non fa per te”.
Dressing&Toppings era ed è una via di fuga anche da questo, ma è evidente che fare blogging non ha più lo stesso valore che forse aveva anni fa.
Il mio sentirmi “strana”, diversa, fuori dagli schemi non supera neanche lontanamente gli standard che oggi il sistema richiede quindi agli occhi di chi dovrebbe selezionarmi per un progetto, giudicarmi da una foto, decidere dai numeri che potenzialmente potrei realizzare risulto “banalmente normale”.
Dovreste scrivere di me su Huffington Post perché non ho un cane o gatto da inserire come riempitivo in ogni foto e non vengo da famiglia agiata.
Dovreste scrivere di me su Huffington Post perché a 16 anni invece di essermi rifatta le tette passavo le giornate dietro una finestra ad osservare il ragazzo del palazzo di fronte che mi piaceva un sacco e perché ai miei 18 anni ho mandato in pezzi la casa della nonna con una festa troppo alcolica e troppo metal piuttosto che partire per il viaggio della svolta e farmi fare un video in un campo di grano per poi chiamarlo “prediciottesimo”.
Dovreste scrivere di me su Huffington Post perché nonostante abbia un compagno nerd, con la barba, art director, amante della moda, a cui va tutto il merito di ciò che è oggi Dressing&Toppings, non gli andrebbe mai di conciarsi come un fesso per accompagnarmi agli eventi e non cambierebbe mai idea sulla questione “esporsi”.. al mio invito per un selfie ricevo sempre la stessa risposta, -Ok, basta che non la posti sui social-.
Dovreste scrivere di me su Huffington Post perché ho un lavoro.
Un lavoro lontano dal mondo del blogging, un lavoro che mi dà modo di fare la spesa e pagare le bollette, ma anche un lavoro che mi vieta di partecipare alla Fashion Week, che mi vieta di presenziare ai Press Day, che mi vieta di allontanarmi da casa per andare a Milano ogni 10 giorni…un lavoro che mi fa tornare stanca a casa la sera e che non riesce a farmi cenare ad orari decenti.
Dovreste scrivere di me su Huffington Post perché non ho il fisico mozzafiato, ho sempre lo smalto scheggiato e il ciuffo fuori posto, ho l’occhio destro che mi lacrima ogni volta che scatto le foto e le labbra screpolate d’inverno e d’estate.
Dovreste scrivere di me su Huffington Post perché con il mio compagno non viaggiamo quasi mai se non in periodi di ferie…non abbiamo le valigie accanto al letto sempre pronte per partire e prima di spostarci dobbiamo programmarlo con largo anticipo…nessun panorama da film, nessun mare cristallino, nessun albergo da mille e una notte.
Dovreste scrivere di me su Huffington Post perché le aziende, le piccole realtà che io stessa ho contattato, nel corso del tempo sono cresciute ed hanno saputo farsi strada per poi liquidarmi con “..Per questa stagione abbiamo pensato di modificare la nostra strategia pubblicitaria on line quindi a malincuore
sono a riferirle che interromperemo la nostra collaborazione con Voi..”
Come si chiamava una volta? Passione e dedizione?
Dovreste scrivere di me su Huffington Post perché non ho i numeri giusti.
Le mie misure non rientrano negli standard, su Facebook ho solo like reali di persone che spontaneamente arrivano alla pagina e di campagne portate avanti correttamente secondo le regole Zuckerberg.
Com’è la storia dei 140.000 like e solo 30 su una singola foto?
Ufficio stampa, apri gli occhi!
Dovreste scrivere di me su Huffington Post perché settimanalmente ricevo mail da parte di un ufficio stampa che mi invita a scrivere e condividere sui miei canali il nuovo jeans in uscita, la sneakers dal design innovativo e alla mia richiesta di fee o articoli da indossare e da far conoscere ai lettori ricevo questa risposta -Che taglia hai? …Che numero porti?… Taglia 42, 36 di scarpe. …peccato, sono stati i primi a terminare dal campionario…sentiamoci più avanti-.
Dovreste scrivere di me su Huffington Post perché ancora credo in una democrazia culturale e non in un capitalismo dei numeri, perché non credo nell’eccesso ma nel buongusto, perché credo ancora che pubblicare qualcosa sia una responsabilità ma soprattutto perché non lo merito più degli altri ma vorrei le stesse opportunità.
Storie vere tratte dallo sfogo di una blogger normale.